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VENERDI' 7 APRILE 2006
© Peter Barker  

Scrivere di Hatfield & The North, per un appassionato della musica creativa inglese degli anni settanta è proprio come rivivere quella stagione con una gioia ed entusiasmo mai davvero realmente sopito o domato.

E' lo scenario dei dintorni di Canterbury a dare le origini a questa formazione che in sè ospita alcune delle realtà musicali creative più straordinariamente fervide in quella ultima grande stagione della musica progressiva inglese a cavallo della seconda metà degli anni settanta.
RICHARD SINCLAIR (basso e voce) ha da tempo abbandonato la sua prima leggendaria band Caravan per collaborare con musicisti del calibro di Robert Wyatt. Anche PHIL MILLER (chitarra) già fondatore della band Delivery e che ha già collaborato con l'ex Soft Machine nei Matching Mole immediatamente prima della drammatica svolta della vita di Wyatt stesso. PIP PYLE (batteria) ha già prestato la sua preziosa opera alla bizzarra comune musicale dei Gong di Daevid Allen.
Completato l'organico con il tastierista ex-Egg DAVE STEWART, la band che prende il nome da un'insegna stradale locale nel 1973 offre alla platea di giovani una prima preziosa opera omonima dove è presente anche la "sola" voce di un Robert Wyatt magico e commovente. Un disco ricchissimo di musica, complessa, ostica e tecnicamente molto complicata, impreziosita anche dalla sapiente qualità degli arrangiamenti vocali delle "Northettes", tre graziose ragazze inglesi dalla voce meravigliosa.

E' una ennesima dimostrazione delle non comuni doti di sapienza e competenza musicale che questi relativamente giovani musicisti della provincia britannica avevano già fornito in precedenza. Ma qui il suono è veramente nuovo e rivoluzionario al punto da far credere che la musica giovane sia nuovamente vicina ad una svolta "culturale".
La frase iniziale del disco "here's a song to begin the beginning", nella sua apparente banalità è invece una dichiarazione di intenti, disincantata e priva delle intricate alchimie linguistiche delle verbose liriche del contemporaneo egotico tardo-progressive. Invece un freschissima ventata musicale investe l'ascoltatore che non può non riceverne reale beneficio ed incentivo verso ascolti ed attenzioni per un nuovo approccio straordinariamente raffinato ed intelligente alla musica "giovane".
E questa sensazione si ripresenta in tutta la sua effettiva portata anche con il secondo disco della band: Rotters' Club.
Il linguaggio è ancora più maturo e la disinvoltura con cui i quattro permettono alle loro composizioni di crescere e svilupparsi in vere e proprie suites intense e pregevoli è veramente sorprendente.
Sembra proprio essersi aperta una nuova via alla creatività ... una via senza condizionamenti business.

Invece, la storia di Hatfield & The North viene improvvisamente stroncata, abbandonata ad una profetica deriva creativa.
Ed era solamente il 1975.
La stagione musicale della "teoria creativa" aveva trovato nella generazione di allora un reale interesse al di là delle mode commerciali ed è stato un buon investimento per alcuni spregiudicati produttori che a fronte di costi risibili, avevano saputo creare fortune notevoli da quella musica così complessa e così "esigente" di ascolti ripetuti, convinti ed attenti.
Ed una ennesima dimostrazione di "forza" della discografia arriva quando nel 1979 - assimilandolo ad un qualsiasi gruppo di classifica - viene presentato sugli scaffali dei negozi più attenti Afters, una nuova raccolta di vecchie composizioni della band, una vera e propria "antologia di insuccessi". Dave Stewart intelligentemente e con 
una nota di sottile autocompiaciuta ironia nelle note di copertina scrive "l'idea di questo disco è venuta a (...) della Virgin Records ... e noi tutti siamo molto contenti di ciò. Dal canto mio, credo che questa musica sia ancora bella da ascoltare e spero, in questo, di trovarvi d'accordo".
Per fortuna tre dei protagonisti di quel progetto, nonostante le ripetute frustrazioni e difficoltà dovute all'ostracismo culturale subito in patria, hanno continuato a produrre pagine memorabili
Per fortuna però lo spirito di una nutrita schiera di affezionati estimatori di "quella musica" ha permesso agli stessi protagonisti di riproporre ancora le magiche atmosfere in altre formazioni nate da molteplici incroci e combinazioni dei singoli musicisti, la più importante delle quali è stata sicuramente la notevole produzione sotto la denominazione il progetto NATIONAL HEALTH (senza però Richard Sinclair andato a fare fortuna nella deriva prog della band Camel).
NATIONAL HEALTH si avvale anche della preziosa collaborazione di Alan Gowen, (raffinato pianista e compositore scomparso pochi anni dopo stroncato da una grave forma di leucemia) con cui vengono prodotti due interessantissimi lavori:
National Health e Of Queues and cures mentre un terzo intitolato DS. al coda viene realizzato dagli altri musicisti immediatamente dopo la sua scomparsa.
Da quel momento le tracce dei componenti di Hatfield/National si fanno più sfumate in mille rivoli e collaborazioni con nomi più o meno oscuri della scena "colta" inglese.
Finchè, a distanza di molti anni, forse inaspettatamente per i  più, viene proposta una nuova uscita video e discografica di Hatfield & The North, una registrazione live effettuata nel 1990 in concomitanza con la realizzazione di "Bedrock", uno special televisivo inglese.
Poi, quando nel 2005 viene dato alle stampe lo straordinario Hatwise Choice (una raccolta di registrazioni datate però metà anni settanta) la possibilità di poter riapprezzare anche dal vivo questa "parte del cielo" diviene sempre più reale.
Le cronache allora ci raccontano che su idea di Pip Pyle, la band si è riformata con l'aiuto di
ALEX MAGUIRE alle

tastiere (con il non facile compito di sostituire le "digressioni" pianistiche dell'ormai "ritirato" Dave Stewart).
 

Le foto assemblate tra loro all'inizio
di questa pagina sono tratte dal
bel sito di Peter Barker

APPROFONDIMENTI EVENTUALI:
Hatfield & the North website
Richard Sinclair website
Phil Miller/In Cahoots website

In ricordo
di PIP PYLE
1950-2006
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